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Procreazione Medicalmente Assistita e Gestazione per Altri. Uno sguardo psicoanalitico

All’interno della SIPP si è creato da qualche anno un gruppo di lavoro e di studio interessato al tema delle nuove configurazioni famigliari, delle tecniche di fecondazione e della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), inclusa la Gestazione per Altri (GPA). Temi, soprattutto quest’ultimo, al centro di molti recenti dibattiti.

Nell’avvicinarci a questi argomenti e per districarci in un tema poco trattato a livello teorico, abbiamo dovuto metterci sulle tracce della sessualità e dell’Edipo, del desiderio, del corpo sessuato, del corpo generativo e della mente creativa. Abbiamo ripreso la teorizzazione freudiana sul complesso edipico, rileggendolo in un’ottica di “complessità”: non solo, dunque, un complesso edipico come organizzatore del rapporto tra i sessi e della propria identità di genere, ma anche come organizzatore delle relazioni sé-altro e dell’identità indipendenti dal corpo sessuato.

Molto precocemente, nel nostro studio, è apparsa evidente una quota di senso significativa ancorata al sociale piuttosto che all’individuo, come sottolineava anche Freud (1921) quando, in riferimento al metodo psicoanalitico, sosteneva quanto non sia possibile non tener conto della relazione dell’individuo stesso con il contesto sociale. Le fragilità umane sollecitate da eventi angoscianti o destabilizzanti facilmente generano sentimenti di odio, rabbia e frustrazione che finiscono per scagliarsi contro realtà facilmente aggredibili. Freud, nel 1921, in Psicologia delle Masse e analisi dell’Io, analizzava attentamente il funzionamento della “massa” mettendoci in guardia: l’individuo da solo può essere ragionevole e con una personale coscienza morale, ma nella massa diventa vittima delle sue pulsioni (...) ha la spontaneità, la violenza, la ferocia (...) degli esseri primitivi (Freud, 1921, p.267). E ancora: la massa “fondamentalmente conservatrice, ha una profonda ripugnanza per tutte le novità e tutti i progressi, e un rispetto illimitato per la tradizione” (Freud, 1921, p.269).

Come si ancorano queste riflessioni con la PMA, la GPA e le realtà a cui assistiamo in questo momento storico nel nostro Paese? Alcuni fatti concreti ci hanno ispirato e stimolato: negli ultimi mesi, il Parlamento italiano ha deciso di votare una proposta di legge in merito al riconoscimento della GPA (erroneamente chiamata in italiano, “maternità surrogata” o “utero in affitto”) come reato universale. È un passaggio normativo importante e drammatico che impone una riflessione sul piano sociale, sulle ripercussioni umane e civili che coinvolgeranno generazioni intere di persone, ma anche sugli effetti che questo cambiamento sociale può avere sul benessere degli individui a cui è rivolto. Il rischio maggiore che intravediamo è in qualche modo paradossale: in ragione di una presunta protezione dei bambini che nascerebbero grazie alla GPA, si finisce per colpire proprio quei bambini che sono già nati grazie alla GPA, negando loro il diritto di poter vedere riconosciuti i genitori che hanno. Certamente le domande sono molteplici e non si può liquidare la questione con un semplice schieramento a favore o contro, ma sentiamo di poter suggerire un atteggiamento mentale che sostenga l'osservazione, l'attenzione e la riflessione sulle diverse realtà che si vanno formando, anche attraverso i dati clinici che con frequenza sempre maggiore prendono corpo.

Il desiderio di genitorialità delle coppie gay e lesbiche nasce sulla spinta delle pulsioni di vita che si scontra, attualmente, con i vincoli e i limiti posti da una realtà sociale, istituzionale e giuridica che pare muoversi sul versante opposto, quello delle pulsioni di morte che spingono verso un agito aggressivo che sembra voler negare il diritto di avere figli ad una parte della realtà sociale stessa. Diventa, dunque, di cruciale importanza comprendere le dinamiche intrapsichiche e interpersonali legate all’appartenenza ad una minoranza sessuale e le modalità in cui esse possano ripercuotersi sul benessere psichico, ma anche fisico, della persona. Le questioni legate all’esperienza psicologica delle persone LGBTQ+, in riferimento alla condizione di stress cronico derivato dalla stessa appartenenza ad un’identità minoritaria, è indicata all’interno della letteratura scientifica con l’espressione minority stress (Meyer, 2003). Nelle persone LGBTQ+ questo stress assume una forma particolare, in quanto a differenza dei membri di altre minoranze sociali, esse non possono sempre contare sul sostegno della famiglia, della scuola o delle Istituzioni che, al contrario, a volte finiscono per incarnare proprio quei soggetti autori di maggiore sofferenza e disagio. Quando ci troviamo di fronte a pazienti LGBTQ+, ad esempio, non possiamo non considerare che parte delle sofferenze di cui sono portatori siano il prodotto di una dialettica sociale che può andare al di là del rapporto con l’ambiente primario e toccare, invece, il rapporto con il clima sociale respirato, con le istituzioni, insomma con un contenitore sociale allargato che può, in alcuni casi, diventare persecutorio.

Il tema della genitorialità in coppie gay e lesbiche, sollecita e chiama in causa il concetto di limite non solo sul piano sociale, ma anche sul piano corporeo e psichico. In passato, all’interno della letteratura psicoanalitica, il tema della genitorialità di persone LGBTQ+ è stato troppo spesso associato proprio ai temi di onnipotenza e di non accettazione del limite. Ma è anche interessante notare come in questi scritti si faccia spesso riferimento alle LGBTQ+ e non alle coppie eterosessuali che, in termini statistici, ricorrono maggiormente a tecniche di PMA di ogni tipo.

Forse, se ci consentissimo di osservare attentamente le evoluzioni che stanno avvenendo intorno a noi, liberi davvero da pre-giudizi, potremmo accorgerci che la società in cui viviamo contempla già quello che le nostre menti ancora faticano ad inquadrare e incasellare. Ci chiediamo allora se, come già accaduto all’interno del movimento psicoanalitico anni fa, non chiedere “scusa” ad alcuni nostri pazienti per non aver capito, per essere rimasti ciechi o disorientati di fronte alla diversità di cui erano portatori, incapaci di accoglierla perché troppo occupati a proteggerci dietro rassicuranti teorizzazioni. Per concludere, il modello psicoanalitico ha saputo – e ancora oggi sa – vedere oltre ciò che il pensiero di massa legge e osserva. La grande intuizione e l’enorme valore di Freud sono stati in fondo quelli di aver voluto e saputo ascoltare “le isteriche” quando il resto della comunità scientifica intorno a lui si ostinava a vedere solamente patologia e follia, preda forse di quell’angoscia che ancora oggi caratterizza l’essere umano quando contatta ciò che sente come incontrollabile. Il contributo della psicoanalisi, dunque, rimane ancora quello di sollecitare un pensiero e un sentire individuale, critico e libero, rispettoso delle peculiarità di ciascuno, non basato sulla paura e sulla ignoranza rispetto alla diversità.

Bibliografia
Bion W.R. (1961). Esperienze nei gruppi. Roma, Armando (1971).
Britton R. (1989). Il collegamento mancante: la sessualità dei genitori nel complesso edipico. In D. Breen (a cura di). L’enigma dell’identità dei genitori. Roma, Borla.
Freud S. (1921). Psicologia delle masse e analisi dell’Io. OSF 9. Torino, Bollati Boringhieri.
Grier F. (2007). Introduzione. In F. Grier (a cura di). Edipo e la coppia. Roma, Borla.
Lingiardi V., Carone N. (2019). “Challenging Oedipus in changing families: Gender identifications and access to origins in same-sex parent families created through third-party reproduction”. The International Journal of Psychoanalysis, 100:2, 229-246. DOI: 10.1080/00207578.2019.1589381.
Meyer I.H. (2003). “Prejudice, social stress, and mental health in lesbian, gay, and bisexual populations: conceptual issues and research evidence”. Psychological Bulletin, 129(5), 674–697.
Ogden T.H. (1989). Il limite primigenio dell’esperienza. Roma, Astrolabio (1992).

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