Angela Tomelli, Porcile di Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini, nel testo provvisorio di una scaletta della prima stesura di Porcile, scrisse:
“Un giovane soffre tutti i fenomeni di un amore tragico (molto sensuale, carnale ecc ma sublime): rasenta la pazzia (c'è una donna innamorata di lui e sua madre …..) (…) Tutta la tragedia si svolge nella Germania di Bonn. (Julian) conosce il proprio desiderio di essere martirizzato(?). A questo punto si ha la rivelazione del suo segreto… con particolare della sua biografia, della sua infanzia… egli può amare sessualmente solo i maiali, nei loro porcili (cfr. un caso clinico reale da consultarsi )
Seconda visione: un’utopia, fondata su Spinoza e la filosofia indiana, ma calata poeticamente e irrazionalmente in un mondo figurativo occidentale (?) (…) Il suo segreto si viene a sapere così. Il padre è un uomo potente (industriale) che ha alte mire politiche…. Ha un avversario (a sua volta grande industriale). Il padre di Julian in una scena x sta parlando con un suo informatore: questo informatore dà tutti i dettagli del passato politico dell’avversario: egli è stato nazista e ha diretto un campo di concentramento (come medico per esperimenti su cavie umane ) : tutto ciò farà sì che il padre di Julian potrà eliminare l'avversario… ed ecco nella scena seguente, Y, che…- l’avversario- viene annunciato e introdotto: amabile discussione , che verte lentamente sulla salute di Julian …. E informa il padre che Julien maniaco fa l'amore coi maiali eccetera eccetera”.
In questa scaletta provvisoria sono già contenuti gli elementi fondamentali che costruiscono l’intreccio narrativo e politico/filosofico della tragedia.
La produzione drammaturgica di Pier Paolo Pasolini consiste nelle sei tragedie in versi: Orgia, Pilade, Affabulazione, Porcile, Calderon e Bestia da Stile. Tali testi sarebbero stati scritti di getto durante un periodo di convalescenza e completate tra il 1966 e il 1967 per poi essere sottoposte a revisione negli anni successivi. Porcile è anche un film del 1969 diretto da Pier Paolo Pasolini, un film fortemente criticato, suddiviso in due episodi che si uniscono durante l'intreccio e che vogliono denunciare il potere e l'influenza che hanno alcuni genitori nei confronti dei figli.
Porcile è stato messo in scena nel 2023 a Bologna e di nuovo a febbraio e marzo 2024 a Modena, Teatro delle Passioni e a Bologna, Teatro Arena del Sole, dalla compagnia Arte e Salute di Bologna – con la regia di Nanni Garella – insieme alla Compagnia Balletto Civile diretta da Michela Lucenti , in un'operazione indirizzata a far emergere la potenza tragica del testo pasoliniano con l'inserimento originale e molto efficace di un elemento che ricorda il coro delle tragedie greche: i contadini, magistralmente interpretati dagli artisti di Balletto Civile.
L’allestimento e la struttura di questa messa in scena ricalcano lo schema della tragedia greca che è strutturata secondo uno schema rigido: inizia di solito con il prologo (da pro e logos, discorso preliminare), che ha l’obiettivo di introdurre il dramma, a cui segue la parodo, che consiste nell'entrata in scena del coro attraverso corridoi laterali, le parodoi; l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, alcuni intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; la tragedia si conclude con l'esodo (èxodos). Per questo allestimento di Porcile, la scenografia scelta dal regista e dalla coreografa poggia su tre porte, le tre porte del teatro greco:
“Dai moderni assimilata al palcoscenico, la skenè (σκηνή) è in antico lo sfondo – all’inizio di tela dipinta – davanti al quale agiscono e parlano i personaggi. Connotata non soltanto visivamente ma anche ritualmente, allude ad altri spazi retro- ed extrascenici, ad altre azioni e altri tempi, ed è lo specchio che riverbera le parole degli attori verso il pubblico. La scena (σκηνή) è dove stanno gli attori . . . Ha tre porte: quella centrale, sia di una reggia o di spelonca o di casa, è destinata al protagonista; quella di destra è del secondo attore; quella di sinistra, vuota o occupata da un altare, non è attiva. Nella tragedia da quella di destra passano gli stranieri, e quella a sinistra è una prigione”.
Polluce, Onomasticon 4.124-5” (dal sito del Centro di Ricerca Teatrale Skené)
Il regista Nanni Garella, quindi, aggiunge al testo pasoliniano anche l’elemento del CORO. Questa intuizione del regista di rimettere al centro il coro dei contadini e di aprire nuovi spazi attraverso le tre porte consente di portare sulla scena sogni e visioni del protagonista e di accompagnare le vicende rappresentate con una sottolineatura estetica guidata dal coro in un fluido movimento di suoni e colori.
Partiamo ora dalla analisi della vicenda narrativa. Siamo nel 1967, anno di grande fermento politico e sociale. E’ la storia di Julian protagonista al centro della scena , rampollo di una ricca famiglia di industriali tedeschi che vive in una villa della Germania a Godesberg; il padre, che non nasconde collusioni con il nazismo e al contempo coltiva una cultura umanistica, pare non essere in grado di rappresentare una vera istanza super egoica, “ tutto tenerezza e dolcezza, la madre profondamente immersa in un modello borghese desidera plasmare il figlio maschio, unico figlio , secondo un modello maschile germanico di potenza virile come era stato suo padre , nonno di Julian , tanto che più volte consegna nelle mani del figlio il fucile pronto a sparare. Si parte quindi da una simbologia evocata e rappresentata sulla scena da ruoli genitoriali incerti e confusi che esitano da una parte in una impossibilità di definizione di una identità strutturata nel giovane Julian , dall’altra in una mancata maturazione delle istanze pulsionali libidiche nella naturale direzione oggettuale , creando i presupposti per una devianza che tuttavia non ha i connotati di una vera e propria perversione sessuale ma si presenta sotto forma di una regressione quasi autistica. La vicinanza con i maiali del porcile viene vista da Julian come una ‘grazia’ che gli permette un diniego di quella realtà ancora più terrificante del ‘porcile’ della famiglia e della società.
Il rampollo Julian conduce un'esistenza apparentemente piatta e priva di ideali non riuscendo a identificarsi nel modello familiare e sapendo di essere l'unico erede della della famiglia e della nuova fusione che suo padre farà con l'altro imprenditore tedesco ex criminale nazista; nell'impossibilità di decidere da quale parte stare e nell'impossibilità contemporaneamente di rifugiarsi nel mondo dei contadini, decide di non fare nulla, di rinchiudersi in un mondo quasi autistico. Decide così di non essere ‘né consenziente né dissenziente, né ubbidiente né disubbidiente’ e sceglie di rifugiarsi nel porcile credendo di allontanarsi così dall'altro porcile, la famiglia, nella quale si consumano le decisioni più degradanti.
Julian contrasta e soffoca il sentimento d'amore per la sua amica Ida, la ragazza innamorata di lui e che i genitori vorrebbero vedere sua sposa, e trova conforto e uno stato di grazia -quasi un’estasi- nel Porcile, unico luogo in cui può avvenire per lui una depersonalizzazione, lontano dagli esseri umani.
Questa complessa condizione familiare si complica ulteriormente quando un altro personaggio rappresentativo di questa spietata borghesia ex-nazista si presenta alla villa e propone al padre di Julian una fusione tra i loro patrimoni e le loro aziende in modo che nessuno dei due diventi rivale dell'altro: ma il prezzo vero di questo patto scellerato è l'omertà sui crimini nazisti compiuti a danno degli ebrei dall'uno e sul segreto della perversione e perdizione del figlio Julian per l'altro.
La tragedia, come già specificato scritta in anni (1967/68) di grande fermento politico e sociale, si configura come una sorta di metafora esplicita di una società che divora i propri figli e del conflitto generazionale del potere patriarcale che vuole controllare ciò che è diverso per farlo proprio e distruggerlo.
In Porcile si sovrappongono le rappresentazioni di crisi storiche, sociali e personali, si rappresenta il dilemma di figli che lottano in modi diversi per trovare un assetto nel rapporto con i genitori proprio in un momento in cui si preparano mesi di dure lotte e contestazioni.
Come non pensare a quanto negli ultimi tempi si parli moltissimo e giustamente del disagio giovanile in rapida espansione, dell'aumento dei disturbi psichici tra adolescenti e giovani, di un vissuto di angoscia diffuso e una tendenza al ritiro e alla fuga dal mondo degli adulti. Così anche Julian si rifugia nel porcile come fosse un'oasi di salvezza e di vero amore. La pulsione sessuale si confonde con lo sterco del maiale, l'oggetto libidico si perverte nelle sue forme e in tal modo l'angoscia dell'incontro con l'altro ‘umano’ (e come tale portatore di affetti e di pensieri) viene evitata fino al tragico epilogo in cui questa perversa destinazione libidica inghiotte lo sventurato Julian di cui non resta “niente di niente”.
Una riflessione a parte merita l'incontro tra Julian e Spinoza (quasi fosse una sorta di seduta psicoanalitica o un dialogo interiore). L'apparizione di Spinoza nel porcile coglie di sorpresa non solo lo spettatore ma anche Julian che si sarebbe piuttosto aspettato di incontrare un nuovo dottore. Spinoza inizia confrontando la sua vita con quella di Julian, anch'egli nel 1600 viveva in una ricca famiglia borghese ma, come gli amici di Ida nel 1967, si era schierato contro gli adulti.
Spinoza dichiara che Julian è schiavo di un affetto che lo porta ad essere attratto dai maiali e procede cercando di dimostrare la assurdità del suo essere lì; seguendo le teorie scritte nella sua etica il filosofo dovrebbe consigliare a Julian di ritornare in seno alla famiglia alla sua società poiché razionalmente è quello l'unico luogo dove può essere possibile la libertà dell'eresia e della rivoluzione “liberati dalla schiavitù degli affetti Julian per mezzo della ragione e quindi torna tra gli uomini se vuoi essere un uomo”.
Vengono rappresentati elementi comuni nella storia di tutti i figli adolescenti che si ritrovano a dover fare i conti con un'autorità paterna rappresentante di un mondo già definito, con le proprie regole che tuttavia possono sempre essere sovvertite: le arance di Spinoza che “si producevano in Spagna e ad Amsterdam si sbucciavano” come i bignè che suggellano la festa della fusione. E il giovane Spinoza come il giovane Julian cercano, l'uno attraverso il pensiero e la teorizzazione della filosofia, l'altro in una posizione contrapposta attraverso l'apatia e l'isolamento, una loro via di uscita
“Lo scambio finale tra Spinoza e Julian chiarisce che è soprattutto questione di abbracciare ciò che si potrebbe chiamare morte sociale o simbolica, uscendo dal mondo non solo del padre e del suo alleato tecnocrate ma anche da quello opposto di Ida e dei suoi amici studenti e rivoluzionari. Mentre all'inizio smettere di parlare lavorare agire in questi modi opposti sembrava una forma radicale di passività per quanto attivamente scelta, Spinoza ora non solo non condanna ma addirittura loda la decisione di Julian e la sua quotidiana venuta al porcile dove egli ha perso, osserva Spinoza, “come in una masturbazione o in un raptus mistico” i rapporti con il mondo. Questo certamente lo conduce a una perdita della ragione riconosciuta dallo stesso Julian ma anche a ciò che egli considera la sua felicità come Spinoza suggerisce e Julian conferma” (Gragnolati et al.).
Ma tutto ciò resta drammaticamente la conferma di un DIO CHE NON CONSOLA. La funzione riparatrice della misericordia divina (materna) viene “divorata” dalla potenza distruttiva di poteri e padri senza alcun scrupolo di coscienza. L'epilogo tragico suggella l'impossibilità di uscire dell'ambivalenza e dalla violenza del potere comunque espresso, attraverso una scelta di speranza generativa, Julian soccombe alla violenza e solo il coro dei contadini lo piange.
Veniamo ora agli interpreti di questa rappresentazione, interpreti speciali che proprio in ragione della loro professionalità, della loro storia personale di vita e di cura e dei loro percorsi attoriali, rendono ancora più intensa e comunicativa la messa in scena di un testo così complesso. Interpreti che sentono profondamente e vivono il tema della diversità e dello stigma, interpreti che sono in grado di far parlare i corpi e i movimenti nello spazio dando alla rappresentazione significati che trascendono le partiture razionali ed evocano, anche attraverso la sensorialità, fluttuazioni continue dalla realtà al sogno , dal sogno all'immaginazione e di nuovo alla realtà.
La compagnia Arte e Salute, infatti, da oltre vent'anni produce spettacoli teatrali in cui si coniugano creatività, valore sociale e terapeutico, vocazione artistica e lotta allo stigma . Il progetto Arte e Salute nasce nel 2000 a Bologna e provincia (vedi Tomelli 2014 in Rivista Psicoterapia Psicoanalitica) é stato realizzato dall'Associazione di Promozione Sociale Arte e Salute in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Di Bologna. L’idea fondante del progetto è stata quella di valorizzare le capacità artistiche e i talenti presenti in alcune persone sofferenti attraverso un rigoroso percorso formativo di arte teatrale. A muovere l'impresa l'idea di non focalizzarsi sulla malattia ma sulle persone, intravvedendo i possibili talenti e proponendo percorsi di studio e di lavoro.
Accogliere le capacità artistiche congelate dal percorso di malattia è stata la sfida e lo scopo più importante di questo lavoro, che ha attivato attraverso l'arte -motore principale di cambiamento - un processo di emancipazione personale e sociale.
La Compagnia di Prosa diretta dal regista Nanni Garella dal 2007 è diventata compagnia stabile ospitata dentro il teatro Arena del sole di Bologna del circuito Emilia Romagna Teatri ERT; ha prodotto oltre 30 spettacoli, è annualmente in cartellone a Bologna ed è stata in tournée in diversi teatri italiani e all'estero (Barcellona ,Pechino , Tokyo e Nagoya) *.
In quest'opera Porcile la compagnia con la regia di Nanni Garella ha lavorato insieme con la Compagnia Balletto Civile, fondata e diretta da Michela Lucenti, coreografa attrice e regista di un progetto artistico nomade che coinvolge danzatori e attori, animato da una forte tensione etica, che ha saputo fare del corpo a corpo un modo di elaborare un pensiero agito sul nostro tempo, proponendo nel lavoro un duello fisico tra corpo, parola, suono e spazio scenico.
Nella messa in opera gli artisti di Balletto Civile sono tra i protagonisti del coro dei contadini che a partire dal prologo e per tutto lo spettacolo svolge la funzione del coro greco nella tragedia classica; i brani di movimento non sono incastonati nelle scene dei dialoghi ma sono parte integrante della drammaturgia stessa, aprono spazi visionari e di sogno.
Immagini che diventano movimento e movimento che si fa parola nell'azione, colori e suoni accompagnano questi “ tableaux vivant”; a volte raccontano fatti che fanno parte della storia, a volte rappresentano quadri che con i loro colori e con le loro mutevoli espressioni conducono lo spettatore in una atmosfera onirica , dentro il sogno di Julian, dentro fantasie primitive e rituali che lasciano il posto ai bianchi fazzoletti che accarezzano il corpo di Julian, finalmente circondato da pietas e affetti.
Nel finale il coro dei contadini, con la loro profonda umanità così drammaticamente e così intensamente rappresentata, dà voce a quelle istanze dell'essere umano che possono provare dolore e pietas contrapposte alla aridità affettiva e alla violenza insita nella trama narrativa.
Locandina e foto di scena sono tratte dal sito ERT
BIBLIOGRAFIA
Donegani I., Cigala F., Tomelli A. “Il benessere sul palco: i terapeuti applaudono i loro pazienti.” In: Migani C. e Valli M.F. (a cura di) “Il Teatro Illimitato”, pp.31-35, Mantova: Negretto Editore, 2012
Donegani I., Tomelli A: «ATTORE… MA DI LAVORO COSA FAI?» Percorsi di professionalizzazione con persone in cura ai Servizi di Salute Mentale. Relazione al festival della Cultura tecnica, Bologna, 2022.
Gragnolati M.,. Holzhey CFE: Una passività attiva? Spinoza nel Porcile di Pasolini. Lo Sguardo - rivista di filosofia N. 19, 2015 (III) - Pier Paolo Pasolini: resistenze, dissidenze, ibridazioni
Musatti, C. (1988): Pazienti analisti a teatro, a teatro! Mondadori, Milano.
Pasolini Pier Paolo: “Teatro”, a cura di W.Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano, 2001.
Petrella, F. (2012): La mente come teatro. Centro Scientifico Editore, Torino.
Tomelli A. “Teatro: Che Passioni! Personaggi, Attori e Pazienti si ritrovano sulla scena.” Rivista di Psicoterapia Psicoanalitica. XXI (vol.2):73-87, 2014.
Tomelli A. Parma A. Martinelli M. Donegani I.“ Fra cura e cultura: aspetti terapeutici, riabilitativi e di cambiamento nel teatro della salute mentale. “Webinar 19-11-2021“Il teatro per la salute mentale fra cura, cultura, diritti e società. Non siamo mai scesi da Marco Cavallo”
Zanzi, E., Spadoni, S. (a cura di) (2000): Tra psicoanalisi e teatro. Bulzoni Editore, Roma.
SITOGRAFIA
https://passionipoststoria.com/spinoza-nel-porcile/
https://www.teatralmente.it
Centro di Ricerca Skenè, Studi Interdisciplinari sul Teatro, https://skene.dlls.univr.it
ERT https://bologna.emiliaromagnateatro.com/spettacolo/porcile-2/
*Oltre alla esperienza di Bologna, percorsi di lavoro teatrale a partenza dai Dipartimenti di Salute Mentale esistono già da molti anni in tantissime realtà della Regione Emilia-Romagna
L'incontro fra l’arte teatrale, la lotta allo stigma, la percezione sociale della malattia mentale e una terapia alternativa, hanno dato vita nel 2008 ad un coordinamento delle esperienze teatrali (laboratori, gruppi, compagnie) dei Dipartimenti di Salute Mentale della Regione Emilia-Romagna. Attraverso i teatri della salute mentale è stato possibile iniziare un’importante azione culturale che ha favorito la costruzione di un terreno comune e di co-progettazione fra ‘il sanitario’ e ‘il culturale’ Nel 2016 è stato istituito un tavolo di coordinamento regionale delle attività di teatro e salute mentale che vede la partecipazione degli operatori teatrali, dei dipartimenti di salute mentale, dell'assessorato alla cultura e dell'assessorato regionale alla sanità ed è stato formalmente firmato un protocollo di intesa.
I lavori del coordinamento regionale teatro e salute mentale e della rete dei teatri della salute sono proseguiti verso la costituzione di una rete nazionale Diversi convegni si sono svolti sul tema negli anni scorsi A Bologna nel corso del 2023 è stato possibile mappare anche le esperienze nazionali e avviare un processo di confronto che ha ulteriormente consolidato il progetto e dal quale è nato un MANIFESTO dei teatri per e nella salute mentale. Il documento sottolinea in 8 punti il valore di questo teatro e i principi che lo sottendono l'obiettivo è che possa essere sottoscritto e condiviso da tutti coloro che nel mondo della cultura ,della sanità , del sociale e delle istituzioni lo condividono e che vogliano farsene portavoce. Nel corso del convegno tenuto a Bologna nel dicembre 2023 dal titolo “TO. BE il Teatro Offre Bellezza ed Emancipazione “sono stati presentati i dati della ricerca condotta a livello nazionale dalla Associazione per il Volontariato Volabo e sono stati discussi con professionisti della cultura, del teatro e della salute i punti cardini contenuti nel manifesto. Il manifesto è consultabile e può essere sottoscritto al sito teatralmente.it