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Licia Cargnel. Vitalità e gioco in psicoanalisi, di Giuseppe Civitareese e Antonino Ferro

Giuseppe Civitarese, Antonino Ferro, Vitalità e gioco in psicoanalisi, Raffaello Cortina, Milano, 2020, pp. 208, € 19,00

 

Il libro si presenta come una raccolta di saggi, alcuni dei quali pubblicati precedentemente, scritti da una coppia di analisti ormai consolidata nel tempo e appartenente alla Scuola pavese di psicoanalisi.
I due autori, promulgatori della teoria del campo in Italia, sembrano condividere, oltre ad un approccio teorico che si ispira al pensiero di Bion (costante è il riferimento al suo pensiero e ai suoi concetti fondamentali) e di Ogden, anche il piacere di lasciare spazio al gioco e alla creatività nella clinica come nella scrittura
Il testo è un intreccio di articoli ora a carattere prettamente teorico, ora a carattere clinico, dove le esemplificazioni cliniche sembrano testimoniare una psicoanalisi viva e vitale.
Merito di questo testo, infatti, è allargare il campo della conoscenza teorica a nuove chiavi di lettura della complessa trama del racconto analitico a partire dalla “teoria del campo” di cui Bion, per gli autori, è stato l'antesignano mediante l'attenzione al “qui ed ora” della seduta come modalità prevalente di leggere le comunicazioni tra paziente ed analista.
Il titolo del libro Vitalità e gioco in psicoanalisi rimanda all'importanza che gli autori attribuiscono al tentativo di tenere vive e mai scontate sia le comunicazioni tra paziente e analista all'interno della seduta, sia la mente/corpo dell'analista stesso anche dinanzi agli scenari più mortiferi e concreti portati da molti pazienti.

Tenere vivo l'ascolto analitico, questo sembra essere il cardine dal quale partono gli autori. In più punti del testo viene evidenziato quanto sia impor- tante promuovere un ascolto non forzatamente interpretativo per fare spazio al gioco: la seduta vista come una sorta di partita a carte in cui ogni mossa di un giocatore è inevitabilmente condizionata ed influenzata dalla mossa dell'altro. Dicono gli autori: «Al giorno d'oggi la coppia analitica è vista quindi come impegnata continuamente in un processo di mutuo riconoscimento ovvero, come si usa dire, di soggettivazione; in altri termini, in un processo di costante negoziazione del reciproco statuto di persona. Questo è lo specifico del campo dell'analisi» (20).
Particolarmente interessante è, in questo senso, il capitolo “Il piacere dell’ora di analisi” dove il lavoro di “de-costruzione” “de-concretizzazione” delle comunicazioni del paziente risulta essere un modo di co-narrare e giocare insieme a lui
Secondo gli autori tutto quello che il paziente non ha potuto sognare di- venta sintomo che potrà decomporsi solo se verrà sognato insieme nel corso dell'analisi e potrà così rientrare nella trama di una narrazione comune e condivisa. «Bion scriveva che bisognerebbe dare sempre al paziente un buon motivo per tornare: un buon motivo potrebbe essere quel giocare assieme che allevia l'angoscia» (166).
Giocare insieme, promuovere la vitalità, immaginare una psicoanalisi che non sia solo legata all'etica della sofferenza se non concepita in termini bioniani, vale a dire come capacità di patimento (pathos), capacità di vivere e di ascoltare fino in fondo gli stati emotivi che si presentano nel qui ed ora della seduta soffrendoli nella propria carne. In questo senso gli autori sottolineano il ruolo importante dell'analista come di colui che ha il compito di cogliere e di fare spazio alle emozioni anche quando percepisce la piattezza e la concretezza delle comunicazioni del paziente. Solo in questo modo può rimandare un'immagine vitale: «Io posso sentirmi vitale solo agli occhi di qualcuno. In questi occhi devo potermi rispecchiare in un modo che mi fa sentire contenuto, in sostanza amato» (18).

Un altro capitolo interessante è quello dedicato all'uso di internet e delle nuove tecnologie “Internet e la vita simultanea”. Lungi dall'intento di fare un breve saggio di sociologia, gli autori cercano di osservare come utilizzare le metafore che le nuove tecnologie ci porgono rispetto alle nostre teorie e ai nostri modelli. Gli autori prendono spunto dal concetto di temporalità in internet e lo riassumono nel concetto di “simultaneità”: mediante le nuove tecnologie un bisogno può essere soddisfatto nel momento stesso in cui sorge e ogni individuo può essere contemporaneamente qui e altrove e può anche contemplare la compresenza di diverse identità. L'uso oramai costante di tali tecnologie da parte di molte persone deve corrispondere secondo gli autori a bisogni precisi e diffusi.
Ma come si manifesta in analisi il bisogno di simultaneità? La risposta sembra essere rintracciata nel fatto che molti pazienti richiedano risposte immediate dimostrando di non tollerare l'attesa e la frustrazione ad essa collegata.
«In particolare, i pazienti limite esprimono il bisogno di simultaneità chiedendo incessantemente rassicurazioni (…) ma non attendono la risposta. O meglio, la risposta che vorrebbero dovrebbe essere simultanea, appunto, in modo da azzerare all'istante qualsiasi differenza. (…) Per questi pazienti (ma poi per tutti) si tratta di portarli dalla simultaneità, come pura coincidenza temporale, all'unisono come stare allo stesso passo. La simultaneità è un falso unisono. Di fatto implica il riconoscimento (identità) ma non la differenza. L'unisono implica un riconoscimento (…) e anche una certa differenza. La differenza tra simultaneità e unisono sta nella capacità di rêverie e contenimento dell'oggetto, ciò che a sua volta presuppone la presenza di un legame affettivo» (153).
Per l'analista la simultaneità è la saturazione immediata della comprensione, il trincerarsi dietro a teorie consolidate, sostare in un lì ed allora, attnersi strettamente ai fatti perdendo la specificità della psicoanalisi che è l'attenzione verso il funzionamento inconscio delle menti nel qui ed ora della seduta in una continua tensione verso “O”.

Gli autori mettono in discussione alcuni modelli consolidati di una certa psicoanalisi che considerano troppo rigidamente precostituiti ed eccessiva- mente centrati sulla soggettività del paziente, sottovalutando così la dimensione emotiva intersoggettiva e transindividuale del campo analitico. Centrale è invece la relazione senza la quale per Bion non ha senso parlare di emozione.
Questo ed altri concetti cari agli autori sono trattati magistralmente nel capitolo: Le parentesi di Ogden ovvero della continuità dell’esperienza co- sciente e inconscia, attraverso una disanima di un libro di Thomas Ogden del 2009 Riscoprire la Psicoanalisi. Pensare e sognare, imparare e dimenticare. Tutto il libro mira ad affrontare le conseguenze di una mossa teorica radicale come quella della riconcettualizzazione bioniana dell'inconscio e più in particolare del postulato di Bion sul pensiero onirico della veglia. Al cuore del pensiero di Ogden è dunque l'equazione pensare-sognare.
Tale concetto vale sia nella relazione tra analista e paziente, sia nella relazione tra lettore e autore.
«Rileggere il lavoro di un autore per Ogden non è mai un esercizio accademico, non si riassume mai in una estrazione di significati arida e priva di vita, in un for- mulario di regole e precetti, bensì è propriamente un risognarlo. (…) Riscoprire un autore implica, per così dire, crearne uno nuovo. Leggere (e scrivere) è un atto creativo (…) non si tradisce così il pensiero di un autore, perché dar prova di un'infedeltà creativa è la forma più vera, intima e profonda di comprensione» (129).

Licia Cargnel

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