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Maria Antonietta Fenu. Sigmund Freud. L’origine dell’angoscia, di Rosa Romano Toscani

Sigmund Freud. L’origine dell’angoscia è un bel volume di oltre duecento pagine che, andato in stampa durante la terza ondata del Covid-19, ovvero nella primavera del 2021, è divenuto subito oggetto di appassionati dibattiti scientifici e dotte recensioni psicoanalitiche.
L'opera è scandita in otto capitoli e nel suo ordinato percorso illustrativo si avvale di numerosi grafici riepilogativi che agevolano il lettore nella acquisizione di mappe concettuali sintetiche. Vi si trovano i delicati passaggi teorici che segnano l'avvicendamento delle diverse fasi di elaborazione metapsicologica freudiana, via via meticolosamente ricostruite dall'autrice in una chiave deliberatamente accessibile.

Il volume parte da una preziosa ricognizione del controverso carteggio tra Freud e W. Fliess, avvenuto tra il 1892 e il 1897, che consiste in tredici Minute; tale carteggio è raccolto sotto il titolo L’alfabeto della psicoanalisi e valorizza, come primo passo della esposizione, un materiale del percorso freudiano che troppo spesso è stato trascurato rispetto ai testi capitali della psicoanalisi.
Dalle Minute si passa ai grandi casi clinici come Il Piccolo Hans, l’Uomo dei topi e l’Uomo dei lupi, che si intercalano a numerose vignette cliniche tratte dalla esperienza professionale di Rosetta Romano Toscani, per approdare in ultimo alla disamina della seconda topica, sino alla analisi di una opera freudiana fondamentale, di un classico assoluto, come Inibizione, sin- tomo e angoscia.
Il lavoro, dunque, è frutto di uno studio minuzioso dei testi ed esita in una esposizione manifestamente affettiva delle varie tappe e dei vari concetti che sono trattati, sempre, con una deferenza amorevole e quasi filiale per quel lavoro infaticabile di scrittura e riscrittura della teoria, che impegnò Sigmund Freud sino alla fine della sua vita. La morte di Freud avvenne per la precisione nel ‘39, a Londra, solo un anno dopo il suo trasferimento obbligato da Vienna. Il trasferimento fu inevitabile a causa delle incalzanti pressioni antisemite che si erano scatenate nella Germania di Hitler e che si erano dirette anche contro il noto medico viennese. A Londra la drammatica conclusione, assistita per così dire, delle inenarrabili sofferenze fisiche affrontate da Freud, a partire dal tumore alla mascella, quindici anni prima. Intanto le sue sorelle, lasciate a Vienna, erano state deportate e uccise nei campi di concentramento nazisti.

Sigmund Freud. L’Origine della angoscia è un testo scientifico che non si occupa di evidenziare alcuni collegamenti speciali tra evoluzione della psicoanalisi e storia, ma si colloca, per certi versi, addirittura controcorrente. rispetto alle nuove centralità scientifiche del mondo psicoanalitico. L'interesse generale, infatti, guarda oggi alle personalità narcisistiche e alla scissione come principali aree di patologia psicologica contemporanea (Bolognini, 2019), alla estensione della pratica cinica (Bastianini, Ferruta, 2018), alla estensione dell'ascolto (Trapanese, 2020), alla efficacia della psicoterapia e agli strumenti oggi imprescindibili delle neuroscienze (Fenu et al., 2020).

Angst, angoscia, in tedesco e in italiano hanno la stessa etimologia dal latino angere e dal greco anko: stringere, costringere, soffocare. Chiunque associa spontaneamente a questo termine, angoscia, una penosa sensazione fisica di costrizione al torace, alla respirazione, al battito del cuore. L'Angoscia poi corrisponde emotivamente a una diffusa aspettativa di qualcosa di incombente, di ostile e inquietante senza però che si configuri in un pericolo personale concreto, ben definito ed anche razionalmente temibile. Tale sensazione è l'opposto del sentirsi fisicamente liberi e leggeri nello spazio della vita, tipico di chi è sereno. L'angoscia infatti è di per sé uno stato fortemente limitativo della libertà personale, e le sue ragioni si perdono in sentieri oscuri della mente risultando non evidenti, non quantificabili, non identificabili.

In merito è suggestivo rileggere le parole del pittore Edvard Munch, autore del dipinto L’urlo, una delle opere più quotate della nostra epoca e da lui riprodotto in varie versioni tra il 1897 e il 1910, (anni immediatamente successivi al carteggio tra Freud e Fliess):
«Mi ricordo benissimo, era l'estate 1893. Una serata piacevole con il bel tempo, insieme a due amici all'ora del tramonto. [...] Cosa mai avrebbe potuto succedere? Il sole stava calando sul fiordo, le nuvole erano rosso sangue. Improvvisamente ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato nella testa come una frustata. D'improvviso l'atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. [...] Anche io mi sono messo a gridare tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare e urlare... Ma nessuno mi stava ascoltando» (1910, 13-14).

Pochi anni dopo Franz Kafka scriveva La metamorfosi e Il processo in cui la metafora dell'angoscia dell'essere, dell'impotenza, della passivizzazione, della metafisica della colpa e della inesorabile condanna divenivano condizioni esistenziali, a fronte del dato privato di un corpo malato di tubercolosi a cui aggiunse anche la Spagnola in forma non letale solo perché quella pandemia, al contrario di quella attuale, falciava a morte solo le persone giovani e sane. La stessa influenza 1918-1920 uccise, e a pochi giorni di distanza, prima la moglie e poi il pittore Egon Schiele, al tempo ancora ventiquattrenne. L'artista era amico di Klimt e di Munch, del quale interpretava l'angoscia con le sue opere provocatrici e inquietanti, fortemente con- dannate dal regime nazista e dai benpensanti. In particolare, a noi qui interessa Schiele come autore del famoso dipinto La madre morta, che ispirò André Green (1983) per il suo lavoro omonimo e considerato caposaldo della letteratura psicoanalitica contemporanea. La realtà volle proprio che la moglie di Schiele fosse incinta quando contrasse la spagnola e che morendo non abbia potuto salvare il bambino di sei mesi che portava in grembo. In quel dipinto, dunque, come pure nell'urlo di Munch, aleggia fortemente l'aura di una forza artistica premonitrice, che ci fa sempre più riflettere sulle facoltà, sulle possibilità e sui confini dell'Inconscio. Ma qui il discorso sulle origini della angoscia va oltre il nostro compito ed è bene fermarlo di fronte a una evidenza storica: a loro volta hanno subito delle sorti drammatiche sia l'uomo dei Lupi, che dopo le tante incredibili disgrazie familiari fu anche spogliato di tutti i beni dalla Rivoluzione russa, sia l'uomo dei Topi a sua volta rimasto ucciso sul fronte russo.

Tornando all'oggi e alle conseguenze della attuale pandemia è molto difficile, retrospettivamente, quantificare la quantità del disagio e dell'angoscia che questa ha prodotto, anche tentando un confronto tra le diverse generazioni. Rosa Romano Toscani, con la sua nuova fatica editoriale, ha dunque voluto pensare proprio a questo: alla scuola, ai nostri giovani in formazione, alla didattica.
L'autrice, ricordiamolo, ha pubblicato il suo primo articolo nel 1978 e negli anni Ottanta, con altri colleghi pionieri della formazione in psicoterapia, ha fondato a Roma la SIPP, una delle primissime scuole italiane di psicoterapia psicoanalitica che osavano proporre un discorso più agile rispetto all'Oro puro della psicoanalisi, prima ancora che in Italia nascesse l'Ordine degli Psicologi. Sono più di quaranta anni, dunque, che Rosa Romano Toscani si dedica all'esercizio della professione e all'insegnamento diretto, in particolare, alle giovani generazioni. Anche lei che ha vissuto tempi gloriosi per la psicoterapia psicoanalitica ha sofferto della durezza degli eventi e delle loro conseguenze negative nella didattica. Ma, come tipico del suo carattere, non si è ripiegata nell'impotenza e ha fatto ricorso alla sua personale ancora di salvezza che è la scrittura. Stavolta però non ha privilegiato solo la narrativa, per la quale ha prodotto lavori anche autobiografici, ma ha curato un testo scientifico in maniera piana, requisito che di fatto lo ha reso uno strumento perfetto per la didattica nelle nostre scuole. Mentre tutto pareva sfuggire di mano e sembrava impossibile procedere con la solita lucidità sul futuro, Rosa Romano Toscani ha preso insomma una iniziativa che ha un grande valore etico: per Freud, per la psicoterapia psicoanalitica, per la. scuola di formazione della società a cui appartiene e per le nuove generazioni. Si spera che queste daranno seguito a quanto noi, giovani e fortunati psicoterapeuti degli anni Settanta, abbiamo con vera passione pionieristica faticosamente avviato. Il successo dei nostri allievi sarà il nostro successo e dunque, possiamo concludere, che scrivere questo volume sia stato, da parte dell'autrice, un vero e coraggioso atto d'amore.

Maria Antonietta Fenu

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